Notule
(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)
NOTE
E NOTIZIE - Anno XXI – 24 febbraio 2024.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia”
(BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi
rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente
lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di
pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei
soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia del
testo: BREVI INFORMAZIONI]
Come gli antidepressivi in gravidanza
alterano lo sviluppo del cervello del feto. Un
antidepressivo SSRI come la fluoxetina (Prozac, Sarafem) innalza i livelli di
serotonina, che interferisce con lo sviluppo della corteccia prefrontale,
alterando le connessioni sinaptiche eccitatorie e predisponendo alla genesi di
disturbi psichiatrici nel corso della vita. Julia Milzer
e colleghi dell’Università del Colorado hanno fornito la prima evidenza
sperimentale dell’effetto diretto della fluoxetina sulla corteccia prefrontale
in formazione, e hanno mostrato come il farmaco attraversi normalmente la
placenta giungendo al feto e entri nella ghiandola mammaria, passando nel latte
materno. La comprensione dei meccanismi mediante i quali la serotonina altera
lo sviluppo del cervello, oltre a consentire di intervenire precocemente, permette
lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche per i disturbi neuroevolutivi
legati alla de-regolazione della serotonina. [Fonte: Julia Milzer, University of Colorado – Lo studio sarà pubblicato
su Nature Communication, 2024].
Scoperta l’origine dell’aura orgasmica
in una rara epilessia del lobo temporale. La
stereo-elettroencefalografia (SEEG) ha rivelato che l’amigdala di destra,
del paziente di sesso maschile affetto da questa rara forma di epilessia
del lobo temporale, è la sede di origine dell’attività elettrica che causa l’orgasmo
quale aura dell’attacco epilettico. La terapia chirurgica con rimozione di
tessuto cerebrale temporale, inclusa l’amigdala, ha completamente eliminato le
crisi. Chunsheng Xia e
colleghi suggeriscono lo studio del ruolo dell’amigdala nell’orgasmo umano. [Cfr.
Acta Neurochirurgica (Wien) 166 (1): 79, Feb. 13, 2024].
Insula di Reil nell’oftalmopatia
tiroidea associata a deregolazione immunoendocrina.
La corteccia dell’insula nel topo regola l’infiammazione periferica e l’immunomodulazione.
Haiyang Zhang e colleghi hanno indagato la corteccia
dell’insula di Reil in pazienti affetti da oftalmopatia tiroidea, e hanno rilevato
una de-regolazione dell’attività della corteccia cerebrale nella regione dell’insula
associata a uno stato immunoendocrino periferico
alterato. I rilievi suggeriscono che la corteccia insulare abbia un ruolo
cruciale nell’interazione centro-periferia. [Cfr. Journal of Neuroinflammation 21 (1): 51, Feb. 17, 2024].
I farmaci contro la disfunzione erettile
possono prevenire la malattia di Alzheimer? Uno studio di
coorte basato su IQVIA Medical Research
Data UK ha suggerito che gli uomini che usufruiscono di prescrizioni frequenti
di farmaci inibitori della fosfodiesterasi tipo 5 (PDE5l) presentano un ridotto
rischio di malattia di Alzheimer [Neurology 102 (4): e209131, 2024]. Sevil Yasar e Lolita Nidadavolu
fanno il punto delle evidenze attuali e suggeriscono ulteriori studi per
verificare se è fondato un impiego preventivo. [Neurology 102 (4): e209180, Feb.
27, 2024].
Il cervello resistente all’insulina: conseguenze
sull’intero organismo. L’insulina ha vari ruoli in differenti
regioni del cervello, per questo lo studio del suo trasporto all’interno dell’encefalo
è molto importante, così come sono rilevanti le ultime acquisizioni in materia
di insulino-resistenza cerebrale nell’uomo. Martin Heni ha affrontato questi temi in un’esaustiva rassegna in
pre-pubblicazione dal 16 febbraio su Diabetologia.
L’insulino-resistenza
cerebrale si associa a un’alterazione della modulazione acuta del metabolismo
periferico in risposta all’azione dell’insulina cerebrale, particolarmente
nella fase post-prandiale. L’insulino-resistenza
cerebrale è stata associata ad adiposità di lunga durata e a una distribuzione
sfavorevole del grasso nell’organismo, e dunque posta in relazione con la
patogenesi di sub-gruppi di obesità e (pre)diabete, caratterizzati da precipui pattern
di distribuzione del grasso nell’organismo. Martin Heni
spiega che nuova speranza clinica viene dall’evidenza che l’insulino-resistenza
cerebrale è un’entità patologica trattabile, e che i possibili trattamenti,
oltre a migliorare lo stato metabolico sistemico, recuperano l’efficienza dei
processi cerebrali, inclusi quelli rilevanti per la cognizione. [Martin Heni, Diabetologia
– AOP doi: 10.1007/s00125-024-06104-9, 2024].
Definiti struttura e ruoli delle vie
cerebrali basate sul sistema renina-angiotensina.
Il sistema renina-angiotensina II del cervello contribuisce in maniera
cruciale ai processi cognitivi alla base dell’intelligenza e alla
neuropatologia dei disturbi neurologici e psichiatrici, attraverso il recettore
centrale AT1R (angiotensin II type 1 receptor). Attualmente, però, manca una
caratterizzazione sistematica delle vie di questo recettore nel cervello umano.
Ting Xu e colleghi coordinati da Benjamin Becker, impiegando
espressione genica, decodifica comportamentale basata sull’immagine, fMRI
farmacologica nell’uomo con un bloccante di AT1R, hanno dimostrato una densa
espressione di AT1R nei sistemi neuronici sottocorticali mediatori di ricompensa-motivazione,
stress e memoria. La sperimentazione ha poi caratterizzato in
modo esaustivo le vie centrali del recettore AT1 e la loro rilevanza funzionale
nell’uomo, al livello neurale e comportamentale. [Cfr. Xu
T., et al. PNAS USA – AOP doi: 10.1073/pnas.2306936121, 2024].
Malattia di Parkinson: effetti dell’esercizio
intenso sulla sostanza nera mesencefalica. Bart de Laat e colleghi hanno studiato il sistema dopaminergico di
pazienti affetti da Parkinson lieve o iniziale, prima e dopo un programma di sei
mesi di esercizio intenso. I sei mesi di training hanno impedito l’attesa
riduzione della disponibilità del DAT nello striato (in particolare nel putamen)
e nella substantia nigra, dove l’esercizio fisico ha convertito l’attesa
riduzione della concentrazione della neuromelanina in
un significativo aumento. La valutazione complessiva di vari parametri consente
agli autori dello studio di dedurre che i neuroni superstiti hanno beneficiato
di un notevole miglioramento della funzionalità. Saranno necessari altri studi
per verificare questi risultati che, se confermati, indicherebbero la
prescrizione di esercizio motorio intenso nel trattamento delle forme lievi e
iniziali della malattia. [Cfr. NPJ Parkinson Dis.
10 (1): 34, 2024].
Corsivo: un’invenzione policentrica che rivela
i vincoli imposti dal cervello. I linguisti
specializzati in questo campo di studi hanno riconosciuto l’esistenza di una
forma di scrittura più dinamica, generalmente inclinata nel verso seguito dalla
mano, per quasi tutte le principali lingue dei cinque continenti: il corsivo.
La fretta, ossia avere poco tempo a
disposizione per estendere il testo di un messaggio, di un rapporto o di un
comunicato, è stata eletta dai linguisti a ragione principale della creazione
di questa variante ma, come vedremo più avanti, si può riconoscere nell’origine
una componente neurofisiologica non trascurabile. In ogni caso, l’esigenza da
cui nasce questo modo di scrivere la propria lingua è la stessa in ogni tempo e
vale per gli scribi antichi, per gli scrivani di epoca medievale e moderna,
come per noi quando usiamo la penna invece del computer, magari perché abbiamo
letto che scrivere invece di digitare costituisce uno stimolo migliore per i
processi cognitivi.
Oggi, che la nomenclatura della verbografia è egemonizzata dal lessico della stampa, l’opposto
di “corsivo” è detto “in tondo”, ma il modo usato in passato lascia trasparire
la questione del tempo di esecuzione: “scrittura posata” indicava la forma
normale. Dunque, il “corsivo” si oppone al “tondo” in quanto ovalizza i grafemi
circolari per l’inclinazione dinamica in una esecuzione “non posata”, equivalente
al correre rispetto al camminare. Questa natura è bene riflessa dalla
definizione tecnica corrente di “scrittura corsiva”: termine generico per
indicare una variante di scrittura più veloce e fluida[1].
Si comprende perché in molte lingue, nei secoli recenti, grafia epistolare
e corsivo siano stati impiegati come sinonimi.
Come si legge nel titolo, si tratta di
un’invenzione policentrica, cioè nata parallelamente in tante regioni diverse e
per ogni tipo di scrittura dall’esigenza di essere fluenti nello scrivere come
nel parlare: la velocità di esecuzione non è stata dettata solo dal poco tempo
a disposizione, ma anche dalla necessità del cervello di adoperare una routine
esecutiva attiva nel parlare e basata sull’automatica traduzione di valori
semantici astratti negli schemi fonoarticolatori delle parole, in un processo
che sfrutta un flusso diretto di informazioni. Naturalmente, nello scrivere
immediatamente ciò che si sta pensando, come quando si scrive una lettera
informale a una persona cara, è necessario sostituire agli schemi
fonoarticolatori delle parole gli automatismi psicomotori della scrittura, con
un passaggio comune degli impulsi dalle regioni di sintesi frontale alla
corteccia motoria primaria, ma con l’aggiunta dei tempi di percorrenza lungo il
midollo spinale fino ai nervi della mano che guidano i movimenti di scrittura.
Lo scrivere non può dunque essere veloce
come il parlare, ma si può cercare di ridurre i tempi di esecuzione modificando
lievemente la prassi motoria, soprattutto per avvalersi del processo di flusso
del pensiero, che presenta il vantaggio di non essere condizionato dai
limiti di estensione (span) della memoria temporanea che accompagna la
funzione (working memory). In ambito neuroscientifico si ritiene che
questa esigenza sia stata la ragione principale all’origine della forma
corsiva. In altri termini, nasce dal correre dietro alla velocità del flusso di
pensiero e scrivere immediatamente, prima che si dimentichi la forma affiorata
alla coscienza in modo sintatticamente compiuto.
Un’altra ragione è stata rintracciata dai
linguisti nella necessità di trascrizione immediata, da parte di scribi, di un
discorso spontaneo, “a braccio” o improvvisato da parte di un oratore, anche se
questa esigenza si sa che ha dato luogo alla creazione di nuovi codici
sintetici di simbolizzazione del parlato, da cui è nata poi la stenografia.
È interessante considerare il tipo di
soluzione imposto dal cervello: per ridurre i tempi di esecuzione deve
prevalere il criterio di continuità come nel flusso locutorio,
accrescendo il legato tra un grafema e l’altro, sul criterio di riduzione della
lunghezza dei tratti, perché sono determinanti in termini temporali le pause
causate dal distacco dello strumento di scrittura dalla superficie. Infatti, i
millisecondi di durata di ogni distacco sono sufficienti a causare un arresto
del pattern di flusso; quindi, anche se spesso impercettibile alla vista
del movimento della mano, ogni minimo distacco causa uno stop and go, e la
somma di tanti distacchi rallenta in modo apprezzabile ed evidente l’esecuzione.
L’inclinazione nel verso del procedere, come l’ovalizzazione dei tondi e la
semplificazione dei grafemi che richiederebbero ritorni o distacchi, riducono
tutti l’escursione di movimento in direzione diversa da quella dello
spostamento principale della mano lungo la riga ideale di scrittura.
I vincoli imposti dal cervello per il
miglior impiego del pattern di flusso determinano le caratteristiche della
variante corsiva così descritte da Giorgio Raimondo Cardona: “Caratteristiche […]
sono la riduzione del numero di stacchi dello strumento scrittorio tra un
tratto e l’altro, con eventuali semplificazioni, e la ricerca della maggiore
continuità possibile del tracciato, con legamenti tra un tratto e l’altro,
anche se questo significa allungare di fatto il percorso dello strumento”[2].
Come suggerisce lo stesso Cardona, l’allungare il percorso dello strumento di
scrittura è particolarmente evidente nel carattere erba cinese: delle
cinque varianti della scrittura cinese, secondo la shufa
o “arte della scrittura”, il corsivo è identificato nello stile calligrafico “erba”,
che semplifica i pittogrammi ma, per creare delle legature, prolunga il
percorso compiuto dal pennello nel tracciare le parole.
Possiamo quindi riconoscere un’impronta
neurofisiologica comune che influenza la prassi psicomotoria alla base della
forma corsiva. Si può osservare che questi meccanismi di esecuzione sono il
portato di un’organizzazione automatica e involontaria, ma noi possiamo
intervenire coscientemente su questi processi, esercitandoci, ad esempio, a
eseguire la scrittura in tondo, con tutti i distacchi che vogliamo, in modo
sempre più veloce. In altri termini, possiamo cercare di aumentare molto la
velocità senza sfruttare il pattern di flusso; ma, in assenza di una
verifica sperimentale, allo stato attuale delle conoscenze si ritiene che i
risultati rimarrebbero inferiori. [BM&L-Italia,
febbraio 2024].
Ancora sulle differenze tra intelligenza
naturale (NI) e artificiale (AI) nel leggere un testo. Prendo
dallo scaffale della biblioteca di casa una rivista culturale a caso, la apro e
leggo la premessa al primo articolo: “La calibratura del senso, che ho dato per
implicita, suppone l’adozione di un registro più prossimo a quello dell’Antropologia
pragmatica di Kant che a quello della sociologia antropologica ad elevato
tasso di ideologia, tipico degli ultimi decenni di fine millennio. Allo stesso
tempo, non mi sono sentito di ignorare i progressi compiuti in chiave
psicologica dall’epistemologia critica del pensiero corrente su tematiche
antropologiche classiche, rivisitate secondo uno spettro di nuove prospettive e
metodi speculativi. Cionondimeno, ho preferito escludere ogni ricorso a
paradigmi meta-interpretativi ogni volta che questo, a mio avviso, avrebbe
inutilmente appesantito lo sviluppo della tesi critica principale a cui, di
volta in volta, ho affidato il compito di rappresentare l’essenza delle mie
idee.
Desidero, infine, far presente al
lettore il mio rispetto per quegli autori che si sono impegnati nell’improba
fatica di applicare il fisicalismo dei tipi, il fisicalismo delle
occorrenze e la teoria dell’identità dello stato centrale alla dimensione
antropologica, anche se il mio gusto per la sottolineatura dei limiti
contraddittori attraverso esemplificazioni di studiato effetto umoristico
potrebbe apparire irriguardoso”.
Cosa potrebbe mai fare una rete neurale
artificiale per calibrare il senso un po’ più verso l’Antropologia
pragmatica di Kant che verso quello della sociologia antropologica ad
elevato tasso di ideologia? E in che modo potrebbe tener conto, leggendo il
testo, che l’autore non si è sentito di ignorare i progressi compiuti nell’applicazione
di concetti psicologici all’epistemologia critica, cioè a un livello meta-interpretativo
del livello interpretativo costituito dal pensiero corrente, che decodifica tematiche
antropologiche classiche, declinandole secondo uno spettro di nuove prospettive
e metodi? Come potrebbe, poi, riconoscere, apprezzare o criticare l’esclusione
del ricorso a paradigmi interpretativi nei casi in cui all’autore pareva che
avrebbero potuto inutilmente appesantire la tesi critica principale a cui, di
volta in volta, ha affidato il compito di rappresentare le sue idee?
Infine, la dichiarazione che può
apparire un po’ retorica, ma che chiede all’intelligenza e alla sensibilità del
lettore di essere accolta come sincera, nella sua attestazione di rispetto per
quegli autori di cui ha messo in ridicolo le tesi, a quale equivalente di buon
senso e sensibilità della rete neurale artificiale potrebbe rivolgersi?
Questa esemplificazione punta il dito
verso il modo in cui la nostra intelligenza impiega la conoscenza culturale: un
modo che riflette la caratteristica generale della fisiologia cognitiva cerebrale,
che può adottare in parallelo tanti diversi registri e paradigmi,
riconducendoli a sintesi adattative attraverso procedure apprese, che operano
nelle sintesi esecutive momento per momento.
Una questione non trascurabile, soprattutto
quando si paragonano le prestazioni nella lettura di testi dei sistemi di AI
detti Large Language Models (LLM) a quelle umane, è che la multiformità
di registri e paradigmi adoperati simultaneamente e automaticamente dall’intelligenza
umana, che li risolve nell’uso opportuno momento per momento, riflette un modo
di procedere impiegato nel pensare, come nel concepire testi di saggistica e
anche di narrativa non banale; in altri termini, questa complessità produce
senso nella nostra vita mentale e, se si vuol comprendere il senso che
produce, la si deve adottare o, almeno, imitare. [Fonte: Seminario
Permanente sull’Arte del Vivere BM&L-Italia,
febbraio 2024].
Notule
BM&L-24 febbraio 2024
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